Testo della Lettera aperta al Milione scritta da Osvaldo Licini, 1935
Noi non ci conosciamo, amici del Milione. Per caso ci siamo trovati in quella nona saletta della Quadriennale dove la gente passa allegra, indignata o indifferente. E ci siamo subito riconosciuti fratelli in spirito. E mi avete invitato ad esporre a Milano.
Vi confesso che lo faccio un poco malvolentieri. Alle vostre insistenze mi sono piegato per quella disciplina che impone la nostra regola. E poi vi avverto che i miei capolavori sono ancora tutti da fare. Ne tengo più d’uno in cantiere, ma non sono ancora pronti per scendere in mare.
Dunque fino a quattro anni fa ho fatto tutto quello che ho potuto per fare della buona pittura dipingendo dal vero. Poi ho cominciato a dubitare. Dubitare non è una debolezza, ma è un lavoro di forza, come forgiare, ha detto Cartesio. E mi sono convinto che facevo, come fanno ancora tanti, della pittura in ritardo, superatissima, fuori del tempo e contraria alla sua vera natura, che non è: imitazione. La pittura è l’arte dei colori e delle forme, liberamente concepite, ed è anche un atto di volontà e di creazione, ed è, contrariamente a quello che è l’architettura, un’arte irrazionale, con predominio di fantasia e immaginazione, cioè poesia. Allora ho preso 200 buoni quadri che ho dipinti dal vero e li ho portati in soffitta.
E da quattro anni i miei quadri me li sono cominciati a inventare. Dicono i preti che io faccio adesso della pittura cerebrale. Che cosa dovremmo fare, la pittura intestinale? Anche la loro sensazione è un fenomeno di attività centrale, cerebrale. E allora? Dicono pure (in malafede) che la nostra è pittura decorativa. Se la nostra è pittura decorativa, la loro pittura è scenografica, fotografica o grottesca. E siamo pari. A che serve un quadro se non a superdecorare un muro, rallegrare una parete? Questa è la sua funzione, la sua sola giustificazione. D’accordo, sarà anche un’opera di poesia. E questo noi faremo adoperando libere forme e colori. Dimostreremo che la geometria può diventare sentimento, poesia più interessante di quella espressa dalla faccia dell’uomo. Quadri che non rappresentano nulla, ma che a guardarli procurino un vero riposo per lo spirito.
Una cosa è certa: noi non faremo più della pittura come piace a Ojetti, archeologica, o imitativa come le scimmie. A quella vecchia favola della pittura imitativa noi tireremo il collo. E a tutti i critici da salon.
OSVALDO LICINI
Nota:
La Lettera aperta al Milione di Osvaldo Licini fu pubblicata sul Bollettino della Galleria del Milione, Milano (Bollettino n. 39, 19 aprile - 1 maggio 1935), Tipografia "Economica", Abbiategrasso.
Il riferimento, nel documento, alla "nona saletta della Quadriennale" è nei confronti della sala IX della II Quadriennale d'arte nazionale, Roma, 1935: in questa sala, oltre a Licini, esposero anche, tra gli altri, Lucio Fontana, Atanasio Soldati, Mauro Reggiani.