30 Giugno 2020

Arcangeli alla Quadriennale

Il 7 gennaio 1935 Licini scrisse a Marchiori di aver “mandato tre quadri irrazionali alla Quadriennale, con tutta la responsabilità che questa eresia comporta: Castello in aria, Stratosfera e l’Arcangelo Gabriele” (1).

Si trattava della seconda Quadriennale d’arte nazionale di Roma che si sarebbe inaugurata meno di un mese dopo, il 5 febbraio.

 

Marchiori, dopo la scomparsa di Licini, affermò che a quella Quadriennale l’Arcangelo Gabriele non era stato esposto perché sostituito da Il bilico (2).

 

In effetti il catalogo della mostra elencava, tra le opere esposte, Castello in aria, Stratosfera e Il bilico (ma non l’Arcangelo Gabriele).

 

Credo invece che – nonostante le apparenze – l’Arcangelo Gabriele (anche se non quello indicato come tale da Marchiori) fosse comunque presente alla Quadriennale del 1935; e credo che non fosse neppure l’unico arcangelo esposto da Licini nell’occasione.

 

 

L’arcangelo in Bilico

 

 

Penso che il dipinto solitamente noto come Arcangelo Gabriele non rappresenti, in realtà, un arcangelo (3).

 

Il cosiddetto Arcangelo Gabriele (o Angelo Gabriele) del 1919 (4) non reca, del resto, alcuna annotazione dell’artista che possa farne desumere con certezza il titolo e la data di esecuzione.

Seppur non risultando essere stata esposta da Licini, l’opera è stata comunque presente in numerose mostre postume: Marchiori, ad esempio, la inserì con quel titolo e quella data in una mostra personale che presentò ad Ancona nel 1960 (5).

La scena del dipinto sembra semmai ricordare quella descritta da Giacomo Leopardi nel suo Bruto Minore (6) (“Quando nell’alto lato L’amaro ferro intride, E maligno alle nere ombre sorride”) (7): si tratta della narrazione di un suicidio (quello di Bruto) al quale assiste una luna che è indifferente.

Il Bruto di Leopardi è un ribelle, come del resto lo è lo stesso Leopardi.

Il ribelle Licini, nel 1913, scrive dei racconti nei quali il protagonista principale è un giovane ribelle che si chiama Bruto.

Credo che questo dipinto del 1919 rappresenti un ribelle, Bruto.

 

L’artista, nella citata lettera a Marchiori del 7 gennaio, aveva inserito l’Arcangelo Gabriele tra i dipinti “irrazionali”, cioè tra quelli iniziati a dipingere a partire dal 1930 “a 500.000 metri d’altezza”.

Ma il cosiddetto Arcangelo Gabriele è del 1919 (8) ed è assai distante, anche sul piano stilistico, dalle opere “irrazionali” degli anni Trenta (come, ad esempio, Castello in aria e Stratosfera).

 

L’Arcangelo Gabriele al quale si riferiva l’artista non era un’opera del 1919, era un dipinto degli anni Trenta.

 

Nel 1930, sul n. 6 della rivista francese Documents, era apparsa (sotto forma di una voce di dizionario) una breve definizione di ange Gabriel scritta da Michel Leiris (9). Licini apprezzava molto questa rivista (10): si può ipotizzare un suo particolare interesse per lo scritto di Leiris nel quale l’ange Gabriel veniva definito, tra l’altro, come “Génie de la Lune” (11); lo stesso scritto potrebbe avere concorso a stimolare un approfondimento dell’artista sulla figura dell’arcangelo Gabriele, un approfondimento che avrebbe poi portato alla realizzazione – nella prima metà degli anni Trenta – del dipinto, con questo titolo, richiamato nella lettera del 1935.

 

Tuttavia, quando per la prima volta ipotizzai che l’Arcangelo Gabriele fosse un quadro risalente alla prima metà degli anni Trenta, pensavo si trattasse di un’opera oggi sconosciuta (12).

 

Ma poi ho riflettuto su alcune date.

 

Il 7 gennaio del 1935 Licini scrisse di aver già mandato tre quadri irrazionali (tra i quali, appunto, l’Arcangelo Gabriele) alla Quadriennale; una spedizione, quindi, da Monte Vidon Corrado (il paese vicino a Fermo, nelle Marche, dove l’artista abitava) alla capitale.

Meno di un mese dopo, il 3 febbraio, Bottai, governatore di Roma, visitò in anteprima la mostra (13): si presume quindi che Il bilico (14), a questa data, fosse già attaccato alla parete in sostituzione dell’Arcangelo Gabriele.

 

 

Osvaldo Licini, Il bilico, 1934, olio su tela, cm 90 X 68  (immagine tratta da Giuseppe Marchiori, I cieli segreti di Osvaldo Licini col catalogo generale delle opere, Alfieri, Venezia, 1968, pag. 139)

 

 

 

 

Il bilico apparteneva allora a Licini e, pertanto, avrebbe dovuto essere spedito da Monte Vidon Corrado a Roma; una spedizione non molto agevole a quell’epoca soprattutto se si pensa alla posizione periferica di Monte Vidon Corrado e al fatto che si era in pieno inverno.

Mi chiedo quando sarebbe potuta avvenire la spedizione del Bilico per sostituire in tempo l’Arcangelo Gabriele.

Dopo la citata lettera a Marchiori del 7 gennaio, Licini avrebbe dovuto ricevere la comunicazione che l’Arcangelo Gabriele non era stato accettato in mostra e che andava sostituito; dopodichè l’artista avrebbe dovuto far recapitare Il bilico a Roma, tutto questo in meno di un mese.

 

Credo che le cose siano andate più semplicemente di quanto non si creda.

 

Secondo me non fu sostituita un’opera, ne fu soltanto modificato il titolo.

 

Si può ragionevolmente ipotizzare che Licini, nel tempo intercorrente tra la citata lettera a Marchiori del 7 gennaio e l’inizio della Quadriennale, avesse comunicato agli organizzatori della mostra la variazione del titolo (15): l’Arcangelo Gabriele divenne così Il bilico.

 

Effettivamente ci si può chiedere perché, un dipinto geometrico come Il bilico, potesse essere considerato da Licini come una raffigurazione dell’arcangelo Gabriele.

 

Il bilico, come suggerito dallo stesso titolo, è la rappresentazione di un difficile equilibrio: si tratta, in particolare, di due triangoli che si toccano sui vertici.

 

Ebbene, secondo una tradizione, l’arcangelo Gabriele rappresenta l’equilibrio tra gli opposti e, in particolare, tra l’elemento maschile e quello femminile.

Un equilibrio angelico, miracoloso, non spiegabile secondo i canoni dell’umana razionalità. Come quello del Bilico.

Alla Quadriennale, l’ambasciatore francese chiese scettico come due triangoli potessero stare in equilibrio toccandosi sui vertici.

Licini, non a caso, gli rispose: “par miracle!”.

 

L’arcangelo Gabriele è stato spesso raffigurato con ali piumate, come quelle di un uccello (si pensi, ad esempio, ad alcune Annunciazioni di Beato Angelico, Luca Signorelli, Leonardo da Vinci).

 

Il 5 gennaio 1933 l’artista scrisse all’editore Scheiwiller di aver realizzato un quadro che “…misura 90X63. Il titolo è Un uccello che risulta dal calcolato incontro di tre triangoli (bianco rosso nero) su una stessa direttrice”; nella stessa lettera Licini scrisse anche di avere “…eseguito quattro varianti su questo tema nel mese di dicembre” (16).

 

Questa descrizione del dipinto intitolato Un uccello fa pensare anche alla struttura del Bilico; quest’ultimo, d’altra parte, è la rappresentazione di un equilibrio “miracoloso”, come quello rappresentato dall’arcangelo Gabriele, l’arcangelo dalle ali di uccello.

 

Un uccello, Il bilico e Arcangelo Gabriele sono forse i diversi titoli di una stessa idea.

 

 

L’arcangelo nella Stratosfera

 

 

Stratosfera, come detto, è uno dei tre quadri che furono esposti da Licini alla Quadriennale del 1935.

Dell’opera si sono perse le tracce, ma l’Archivio Biblioteca della Quadriennale di Roma ne conserva una fotografia in bianco e nero.

Un’altra versione di Stratosfera fu esposta dall’artista, nello stesso anno, nell’ambito della sua mostra personale che si tenne presso la Galleria Il Milione a Milano (17); l’opera (anche di questa si sono perse le tracce) venne riprodotta, in bianco e nero, all’interno di un articolo di Giuseppe Marchiori apparso su Il Corriere Padano del 29 maggio 1935.

Le due versioni di Stratosfera, esaminando queste riproduzioni in bianco e nero, appaiono simili tra loro anche se non identiche.

 

Nel 1935 Marchiori, a proposito di Stratosfera, parlò di “…pittura allusiva e simbolica ben lontana dall’assolutismo astrattista” (18).

 

Ho quindi cercato di capire di quali allusioni e simboli si trattasse.

 

Nell’opera sono raffigurati una parte della circonferenza di un astro, una mano che sembra calare dal cielo, il fodero di una spada e, probabilmente, uno scudo.

Sulla mano appare una forma circolare con sedici raggi (un riferimento al sole).

 

Credo che nel dipinto si alluda all’arcangelo Michele il quale, tra i suoi simboli, ha proprio la spada (e quindi anche il fodero della stessa), lo scudo e il sole.

 

Secondo una tradizione, se l’arcangelo Gabriele è il Genio della luna, l’arcangelo Michele lo è del sole.

 

Il bilico e Stratosfera, esposti nella sala IX della Quadriennale, erano dunque la rappresentazione, rispettivamente, dell’arcangelo Gabriele e dell’arcangelo Michele (e, di conseguenza, erano anche un’allusione alla luna e al sole).

 

Gli angeli di Licini erano quindi presenti in quella sala.

 

In una lettera a Marchiori del 21 maggio 1935, ricordando l’episodio dell’incontro con l’ambasciatore francese alla Quadriennale, Licini non a caso scrisse:

 

… c’è un quadretto rosso nero bianco e grigio, Il bilico, che fra tante tenebre manda una fioca luce che ferì … l’occhio freddo dell’ambasciatore di tutte le Gallie, il popolo più borghese della terra, e gli fece perdere un momento le staffe, cioè quella dignità compostezza impassibilità regolarmente ufficiale e diplomatica che guai a chi la perde, un fatto gravissimo, che le cronache non hanno registrato per forza maggiore, forse, ma che gli angeli hanno registrato, come era loro dovere…” (19).

 

Gli angeli, appunto.

 

 

Lorenzo Licini

 

 

 

(1) Parti di questa lettera di Osvaldo Licini a Giuseppe Marchiori del 7 gennaio 1935 si possono trovare anche in Osvaldo Licini, Errante erotico eretico Gli scritti letterari e tutte le lettere raccolti da Zeno Birolli, a cura di Gino Baratta, Francesco Bartoli, Zeno Birolli, Feltrinelli Editore, Milano, 1974, pagg 205 – 206.

(2) Si veda Giuseppe Marchiori, I cieli segreti di Osvaldo Licini col catalogo generale delle opere, Alfieri, Venezia, 1968, pag. 18.

(3) Si veda, sull’argomento, il mio scritto intitolato Arcangelo Gabriele o Bruto? pubblicato il 29 maggio 2019 tra le notizie del sito internet osvaldolicini.it.

Trovo, del resto, che non rappresenti una figura angelica neppure l’Arcangelo dipinto da Licini nel 1919 (e in seguito probabilmente ripreso in parte dall’artista). Quest’ultima opera è stata riprodotta anche nel catalogo della mostra a cura di Luca Massimo Barbero Osvaldo Licini Che un vento di follia totale mi sollevi, Collezione Peggy Guggenheim, Venezia, 22 settembre 2018 – 14 gennaio 2019, Marsilio, Venezia, 2018, pagg. 32 – 33. Per alcune mie considerazioni sull’assenza di una raffigurazione angelica in quest’ultimo dipinto rimando al mio scritto intitolato Ipotesi per Arcangelo pubblicato il 9 aprile 2020 tra le notizie del sito internet osvaldolicini.it.

(4) E’ probabile che successivamente l’opera sia stata in parte ripresa dall’artista.

(5) Si tratta della mostra personale dedicata a Osvaldo Licini che si tenne nell’ambito del Premio Marche 1960; a pag. 97 del catalogo di quel Premio Marche (Ancona 3 – 24 luglio 1960) l’opera risulta indicata come “Angelo Gabriele / olio – 1919 / cm 45,5 X 37,5”.

(6) Il Bruto Minore è una canzone scritta da Leopardi nel 1821.

(7) Giacomo Leopardi, Bruto Minore, lettura di Alessandro Carrera noterella di Ignoto XIX secolo disegni di Alberto Cerchi, Fiorina Edizioni – Varzi, 2017.

(8) L’opera, come detto, è stata in parte successivamente ripresa dall’artista.

(9) La voce “ange Gabriel” scritta da Michel Leiris e apparsa nel 1930 sul n. 6 della rivista francese Documents si può leggere anche in Georges Bataille, Michel Leiris, Marcel Griaule, Carl Einstein, Robert Desnos, Jacques Baron, Arnaud Dandieu, Zdenko Reich, Dictionnaire Critique, Éditions Prairial, Paris, 2016, pagg. 20 – 21.

(10) In una lettera dell’inverno 1930 Licini invitò il destinatario, l’amico Ermenegildo Catalini (detto Checco), ad abbonarsi “… a Documents, una rivista d’arte veramente Vivente, e molto ben fatta”; il testo della lettera si può trovare anche in Osvaldo Licini, Errante erotico eretico Gli scritti letterari e tutte le lettere raccolti da Zeno Birolli, a cura di Gino Baratta, Francesco Bartoli, Zeno Birolli, Feltrinelli Editore, Milano, 1974, pag. 114.

(11) È noto il particolare interesse di Licini per la luna: Federica Pirani (nel catalogo della mostra a cura di Luca Massimo Barbero Osvaldo Licini Che un vento di follia totale mi sollevi, Collezione Peggy Guggenheim, Venezia, 22 settembre 2018 – 14 gennaio 2019, cit., pag. 197) ricorda che Michel Leiris, nella citata voce “ange Gabriel”, “…descrive le caratteristiche dell’arcangelo Gabriele, che per l’astrologia rappresenta il genio della luna…”.

(12) Si veda il mio scritto intitolato Arcangelo Gabriele o Bruto?, cit..

(13) Si legga, sul punto, Elena Pontiggia, La Grande Quadriennale, in Elena Pontiggia, Carlo Fabrizio Carli, La Grande Quadriennale 1935 La nuova arte italiana, Electa, Milano, 2006, pag. 25.

(14) L’esemplare del Bilico che Licini espose alla seconda Quadriennale venne realizzato nel 1934; l’opera oggi fa parte delle collezione della Pinacoteca di Brera. Questo esemplare è sostanzialmente identico al Bilico del 1932. Si legga, a tale riguardo, il mio scritto intitolato Il bilico esposto alla Quadriennale del 1935 pubblicato il 31 dicembre 2018 tra le notizie del sito internet osvaldolicini.it.

(15) Nel 1948, prima che si inaugurasse la Biennale di Venezia alla quale avrebbe partecipato con tre opere, Licini chiese agli organizzatori della mostra di modificare il titolo di una di queste; in particolare chiese che Il miracolo di San Marco (titolo indicato nella scheda di notifica inviata in precedenza) diventasse Il miracolo di San Marrr co. Si veda, sull’argomento, il mio scritto intitolato Tre documenti finalmente ritrovati pubblicato il 24 gennaio 2020 tra le notizie del sito internet osvaldolicini.it.

(16) Il testo della lettera di Osvaldo Licini a Giovanni Scheiwiller del 5 gennaio 1933 si può trovare anche in Osvaldo Licini, Errante erotico eretico Gli scritti letterari e tutte le lettere raccolti da Zeno Birolli, a cura di Gino Baratta, Francesco Bartoli, Zeno Birolli, cit., pag.136. Il bianco, il rosso e il nero, richiamati da Licini nella stessa lettera, sono anche colori che hanno una particolare importanza in alchimia; per una lettura in chiave “alchemica” di alcune opere dell’artista si legga il mio studio  intitolato Una profondità ancora verde  pubblicato il 24 agosto 2019 tra le notizie del sito internet osvaldolicini.it. L’alchimia, del resto, cerca di raggiungere una sintesi, un equilibrio tra opposti e quindi anche tra l’elemento maschile e quello femminile.

(17) Sulla base del Bollettino della Galleria del Milione n. 39, 19 aprile – 1 maggio 1935, l’opera misurava cm 81 X 60 ed era datata 1933.

(18) Giuseppe Marchiori, I pittori “astrattisti” alla II Quadriennale, in Corriere Padano, Ferrara, 20 marzo 1935.

(19) Parti della lettera di Osvaldo Licini a Giuseppe Marchiori del 21 maggio 1935 si possono trovare anche in Osvaldo Licini, Errante erotico eretico Gli scritti letterari e tutte le lettere raccolti da Zeno Birolli, a cura di Gino Baratta, Francesco Bartoli, Zeno Birolli, cit., pagg. 206 – 207.