30 Novembre 2020
Geometria e sentimento
Durante l’estate del 1913 Licini scrisse una ventina di racconti “tutti invasati da un cinismo brutalissimo” (1).
Nel settembre dello stesso anno l’artista inviò uno di questi racconti al musicista futurista Francesco Balilla Pratella sperando che fosse pubblicato sulla rivista Lacerba (2).
Oggi ne conosciamo soltanto alcuni: Bruto in campagna (La passeggiata sentimentale, Il cuore in mano), Bruto in città (La nottata sentimentale, La conversazione sentimentale, La merda che fuma).
Furono pubblicati per la prima volta nel 1974 con il titolo di Racconti di Bruto, dal nome del loro protagonista principale (3).
Bruto – il nome è un presagio – è un personaggio che si caratterizza, non a caso, per il “cinismo brutalissimo”.
A un certo punto vuole persino disfarsi del proprio cuore, l’organo nel quale “passa e ripassa l’anima” e nel quale si trovano “le piccole vene azzurrine dove si annidano i sentimenti” (4): lo estrae dal petto e lo mette nel cavo della mano.
Volendo disfarsi dell’organo che è sede dell’anima e dei sentimenti Bruto conferma così la sua natura cinica e, appunto, brutale.
Bruto usa l’espressione “femmina” per riferirsi ad alcune delle donne che incontra. Ad una di queste, ad esempio, dice: “sei stupida come una femmina però sei molto bella.”; al che lei sorride “perché le aveva detto bella” (5).
La femmina della quale parla Bruto in questi racconti è per lo più una donna superficiale che si cura soltanto del proprio aspetto fisico; in questo senso è una donna incompleta.
Ma analogamente incompleto è Bruto, un uomo brutale che ha rinunciato all’anima e ai sentimenti.
Maschile e femminile
Nel 1912 fu stampato a Parigi e a Milano il Manifesto della Donna futurista di Valentine de Saint-Point, un manifesto che suscitò subito grande interesse anche a Bologna dove Licini all’epoca viveva (6).
Tra l’altro vi si legge: “È assurdo dividere l’umanità in donne e uomini. Essa è composta solo di femminilità e di mascolinità. Ogni superuomo, ogni eroe, per quanto epico, ogni genio, per quanto potente, è prodigiosa espressione della sua razza e della sua epoca solo perché è composto ad un tempo di elementi femminili e di elementi maschili, di femminilità e di mascolinità: ossia perché è un essere completo. Un individuo esclusivamente virile non è che un bruto; un individuo esclusivamente femminile non è che una femmina”.
E ancora: “Ogni donna deve possedere non solo virtù femminili, ma qualità virili, senza le quali non è che una femmina. L’uomo che possiede solo la forza maschia, senza l’intuizione, è solo un bruto” (7).
Non mi risulta che i Racconti di Bruto siano mai stati messi in relazione con il Manifesto della Donna futurista; credo, tuttavia, che il Bruto e la “femmina” descritti da Licini siano in qualche modo da collegare al pensiero che Valentine de Saint-Point aveva espresso nel 1912.
Licini ha continuato a sviluppare, nei decenni successivi, il tema del rapporto tra maschile e femminile: il maschile inteso anche come razionalità (la testa) e il femminile inteso anche come intuizione (il cuore).
Rudolf Steiner, più o meno quando Licini scriveva i Racconti di Bruto, parlava della necessità di pensare con il cuore, un modo di pensare che associava alla figura dell’Arcangelo Michele; il drago combattuto da Michele rappresentava, per Steiner, la scienza materialistica che aveva iniziato a dilagare nel secolo diciannovesimo.
Vincere il drago significava trasformare la scienza materialistica, fondata sul razionalismo, in scienza dello spirito.
Significava andare oltre la materia, cioè trascendersi. Per far questo era però necessario il pensiero di Michele, occorreva cioè pensare non solo con la testa, con la razionalità, ma anche con il cuore, con l’intuizione (8).
La testa di un giovane sormontata da un cuore che Licini disegnò negli anni Venti è probabilmente un’allusione a quel tipo di pensiero (9).
Nel Bilico, un quadro dipinto dall’artista nel 1932, due triangoli stanno in equilibrio toccandosi sui vertici: si tratta, probabilmente, del difficile equilibrio tra maschile e femminile, tra razionalità e intuizione (10).
In un’opera degli anni Cinquanta, Omaggio a Cavalcanti (11), l’artista dipinse una testa che ha la forma di un cuore: anche qui una probabile allusione alla necessità di pensare non soltanto con la testa.
È difficile raggiungere l’equilibrio tra maschile e femminile, tra razionalità e intuizione.
Raggiungerlo è forse riuscire a dimostrare che la geometria, cioè la razionalità, può diventare sentimento (12).
Lorenzo Licini
(1) Così Osvaldo Licini nella lettera a Francesco Balilla Pratella del 17 settembre 1913;
(2) Il racconto inviato a Francesco Balilla Pratella – intitolato “La passeggiata sentimentale” – era leggermente diverso da quello, con lo stesso titolo, contenuto in un quaderno che Licini consegnò a Giorgio Morandi. Il racconto non fu comunque pubblicato sulla rivista Lacerba.
(3) Furono pubblicati per la prima volta in Osvaldo Licini, Errante, erotico, eretico gli scritti letterari e tutte le lettere raccolti da Zeno Birolli, a cura di Gino Baratta, Francesco Bartoli, Zeno Birolli, Feltrinelli Editore, Milano, 1974, pagg. 63-81;
(4) Osvaldo Licini, Il cuore in mano in Osvaldo Licini, Errante erotico eretico gli scritti letterari e tutte le lettere raccolti da Zeno Birolli, cit., pag. 67;
(5) Osvaldo Licini, La passeggiata sentimentale in Osvaldo Licini, Errante, erotico, eretico gli scritti letterari e tutte le lettere raccolti da Zeno Birolli, cit. pag. 64;
(6) Sulla diffusione, negli anni Dieci a Bologna, delle idee di Valentine de Saint-Point si legga Alessandro Cervellati, Bologna futurista, Bologna, 1973, pag. 35;
(7) Queste parole di Valentine de Saint-Point, contenute nel suo Manifesto della Donna futurista si possono trovare anche in Valentine de Saint-Point, Manifesto della Donna futurista, seguito da Manifesto futurista della Lussuria, Amore e Lussuria, Il Teatro della Donna, Il mio esordio coreografico, La Metacorìa, Testi raccolti e annotati da Jean Paul Morel, Postfazione di Jean Paul Morel, Traduzione di Armando Lo Monaco, Il melangolo, Genova, 2006, pagg 8-9;
(8) Si veda, sull’argomento, il mio scritto intitolato La testa e il cuore, pubblicato il 29 settembre 2020 tra le notizie del sito osvaldolicini.it;
(9) Per ulteriori riferimenti si veda il mio scritto dal titolo La testa e il cuore, cit.;
(10) Recentemente ho ipotizzato che Il bilico sia una rappresentazione dell’Arcangelo Gabriele; secondo una tradizione, infatti, l’Arcangelo Gabriele rappresenta l’equilibrio tra gli opposti e, in particolare, tra l’elemento maschile e quello femminile. Un equilibrio angelico, miracoloso, non spiegabile secondo i canoni dell’umana razionalità. L’Arcangelo Gabriele di cui parla Licini in una lettera a Giuseppe Marchiori del 7 gennaio 1935, in sostanza, non sarebbe, a mio avviso, il dipinto oggi noto con quel titolo (un dipinto del 1919 ripreso successivamente) ma sarebbe un’opera degli anni Trenta e, cioè, Il bilico: si veda, a tale riguardo, il mio scritto intitolato Arcangeli alla Quadriennale pubblicato il 30 giugno 2020 tra le notizie del sito osvaldolicini.it;
(11) Per ulteriori riferimenti si legga il mio scritto intitolato Omaggio a Cavalcanti: gli occhi e il cuore, pubblicato l’11 ottobre 2020 tra le notizie del sito osvaldolicini.it;
(12) “Dimostreremo che la geometria può diventare sentimento, poesia più interessante di quella espressa dalla faccia dell’uomo”: così scrisse Osvaldo Licini nella sua Lettera aperta al Milione. La lettera fu pubblicata sul Bollettino della Galleria del Milione, Milano (Bollettino n. 39, 19 aprile-1 maggio 1935), Tipografia “Economica”, Abbiategrasso.