31 Maggio 2022
Osvaldo Licini. Bruto e l’angelo
Pico della Mirandola diceva che l’uomo è artefice del proprio destino. Può scegliere se far prevalere in sé il materialismo oppure la spiritualità: nel primo caso è un bruto, nel secondo si trasforma in un angelo (1).
Anche Licini aveva riflettuto sulla possibilità di trasformazione dell’essere umano.
Nel 1943, in una lettera al critico d’arte Giuseppe Marchiori, l’artista scrisse: “vivere, allora, andare al di là di noi stessi, trascendersi. Ecco perché ancora viviamo, con questa speranza” (2).
Trascendersi, in un certo senso, significa trasformarsi in un angelo.
Bruto
Durante l’estate del 1913 Licini scrisse una ventina di racconti, “tutti invasati da un cinismo brutalissimo” (3); nel settembre dello stesso anno l’artista ne inviò uno al musicista futurista Francesco Balilla Pratella sperando che fosse pubblicato sulla rivista Lacerba (4).
Oggi conosciamo soltanto cinque di quei racconti: furono pubblicati dopo la morte di Licini con il titolo di Racconti di Bruto (5) dal nome del loro protagonista principale.
Bruto – il nome è un presagio – è un personaggio che si caratterizza proprio per il “cinismo brutalissimo”.
Talvolta usa l’espressione femmina per riferirsi ad alcune delle donne che incontra. La femmina della quale parla Bruto in questi racconti è per lo più una donna superficiale che si cura soltanto del proprio aspetto fisico. In questo senso è una donna incompleta.
Ma analogamente incompleto è Bruto, un uomo brutale che ha rinunciato all’anima e ai sentimenti.
Nel 1912 fu pubblicato contemporaneamente a Parigi e a Milano il Manifesto della donna futurista di Valentine de Saint-Point, un manifesto che suscitò subito grande interesse anche a Bologna dove Licini all’epoca viveva (6).
In questo manifesto, tra l’altro, si legge: “è assurdo dividere l’umanità in donne e uomini. Essa è composta solo di femminilità e di mascolinità. Ogni superuomo, ogni eroe, per quanto epico, ogni genio, per quanto potente, è prodigiosa espressione della sua razza e della sua epoca solo perché è composto ad un tempo di elementi femminili e di elementi maschili, di femminilità e di mascolinità: ossia perché è un essere completo. Un individuo esclusivamente virile non è che un bruto; un individuo esclusivamente femminile non è che una femmina”.
E ancora: “ogni donna deve possedere non solo virtù femminili, ma qualità virili, senza le quali non è che una femmina. L’uomo che possiede solo la forza maschia, senza l’intuizione, è solo un bruto” (7).
A me sembra che il Bruto e la femmina descritti da Licini nel 1913 siano in qualche modo da ricondurre all’idea di incompletezza dell’individuo che Valentine de Saint-Point (soltanto un anno prima) aveva espresso in quel suo manifesto.
Bruto si caratterizza per i suoi bassi istinti, la sua esistenza ruota esclusivamente intorno alla materialità; è dunque un essere incompleto (8).
Se però l’essere umano è artefice del proprio destino, anche Bruto può cercare di trasformarsi; persino in un angelo.
L’angelo che cade e che poi risale
Il dipinto Soldati italiani, realizzato nel 1917, è la prima opera di Licini nella quale compare la figura dell’angelo.
Si tratta, in questo caso, di un angelo che precipita dal cielo impugnando una spada (9).
Osvaldo Licini, Soldati italiani, 1917
La raffigurazione della caduta dell’angelo tornerà anche in opere create dall’artista molti anni dopo; è il caso, ad esempio, dell’Angelo ribelle su fondo giallo del 1949.
Osvaldo Licini, Angelo ribelle su fondo giallo, 1949
Quello dell’angelo ribelle (non soltanto raffigurato nel momento della caduta) è un tema presente in molte opere di Licini.
Negli ultimi anni, tuttavia, l’artista raffigura degli angeli che sembrano aver perso la caratteristica della “ribellione”.
In un certo senso sono angeli che, dopo essere caduti, risalgono; come, ad esempio, nel caso di Angeli primo amore del 1955 (10) e dell’Angelo su fondo rosso del 1956.
Osvaldo Licini, Angelo su fondo rosso, 1956 (particolare)
Osvaldo Licini, Angeli primo amore, 1955
L’uomo primordiale e la risalita verso l’Uno
“Limitato nella sua natura, infinito nei suoi desideri, l’uomo è un dio caduto che si ricorda del cielo” (11). Penso che Licini condividesse questa affermazione di Alphonse de Lamartine.
Probabilmente Licini credeva, come altri, che prima dell’inizio dei tempi fosse esistito un uomo primordiale, un essere capace di vivere in unione con il divino.
Successivamente, però, l’uomo primordiale cadde in tentazione e, a seguito di questo errore, fu allontanato dalla condizione edenica nella quale viveva: precipitò così nei limiti della materialità (trovandosi “limitato nella sua natura“) .
Nonostante questa caduta nella materia, l’uomo può tuttavia desiderare (“infinito nei suoi desideri“) di ricongiungersi al divino (all’Uno) dal quale proviene: il ricongiungimento può avvenire attraverso l'”estasi”, quando l’essere umano riesce a risvegliare la scintilla divina che porta dentro di sé.
Estasi è proprio il titolo di un’opera di Licini del 1956.
Osvaldo Licini, Estasi, 1956
In fondo l’angelo ribelle di Licini è anche il “dio caduto” di Alphonse de Lamartine; l’uomo caduto che desidera ricongiungersi al divino, all’infinito dal quale proviene.
L’uomo diventa così un angelo (non più ribelle) che sale: sono gli angeli di Licini che, dopo essere caduti, risalgono verso l’Uno.
Franco Ciliberti, filosofo amico di Licini, scrisse: “in questo è la nostra oscurità, nel risalire all’Uno” (12).
Bruto, il personaggio appunto brutale descritto nei racconti del 1913, rappresentava forse la presa di coscienza, da parte del giovane Licini, della necessità di distaccarsi dall’eccessivo materialismo.
Le opere realizzate dall’artista nell’intero arco della sua vita sono, in fondo, la testimonianza di un lungo percorso di crescita spirituale nella speranza di trascendersi.
Un percorso che si conclude con gli angeli non più ribelli; angeli che finalmente risalgono per tornare alla loro condizione originaria.
Perchè, come una volta scrisse Licini:
… i vizi, questi demoni,
torneranno ad essere ciò che furono:
degli angioli! (13)
Lorenzo Licini
* Questo studio, pubblicato per la prima volta sul sito internet osvaldolicini.it, è dedicato alla memoria di mia madre Silvia Poli Licini, la nuora di Osvaldo, recentemente scomparsa.
(1) Pico della Mirandola, Oratio de hominis dignitate.
(2) Lettera di Osvaldo Licini a Giuseppe Marchiori del 24 marzo 1943; il testo della lettera si può trovare anche nella sezione lettere del sito internet osvaldolicini.it.
(3) Lettera di Osvaldo Licini a Francesco Balilla Pratella del 17 settembre 1913; il testo della lettera si può trovare anche nella sezione lettere del sito internet osvaldolicini.it.
(4) Il racconto di Licini inviato a Francesco Balilla Pratella non fu pubblicato sulla rivista Lacerba.
(5) Furono pubblicati per la prima volta in Osvaldo Licini, Errante, erotico, eretico Gli scritti letterari e tutte le lettere raccolti da Zeno Birolli, a cura di Gino Baratta, Francesco Bartoli, Zeno Birolli, Feltrinelli Editore, Milano, 1974, pagg. 63-81.
(6) Sulla diffusione, negli anni Dieci a Bologna, delle idee di Valentine de Saint-Point si legga Alessandro Cervellati, Bologna futurista, Bologna, 1973, pag. 35.
(7) Queste parole di Valentine de Saint-Point, contenute nel suo Manifesto della Donna futurista si possono trovare anche in Valentine de Saint-Point, Manifesto della Donna futurista, seguito da Manifesto futurista della Lussuria, Amore e Lussuria, Il Teatro della Donna, Il mio esordio coreografico, La Metacorìa, Testi raccolti e annotati da Jean-Paul Morel, Postfazione di Jean-Paul Morel, Traduzione di Armando Lo Monaco, Il melangolo, Genova, 2006, pagg. 8-9.
(8) A proposito del Bruto di Licini mi permetto di richiamare alcuni miei precedenti scritti: “Geometria e sentimento“, “Bruto e Mafarka“, “Lacerba, L’Acerba, La Cerba. E Bruto” rispettivamente pubblicati il 30 novembre 2020, il 31 dicembre 2020, il 28 febbraio 2021 nella sezione notizie del sito internet osvaldolicini.it.
(9) Per alcune mie considerazioni sull’opera Soldati italiani rimando allo scritto “I Soldati italiani, la caduta di Lucifero e Dante” pubblicato il 30 giugno 2019 tra le notizie del sito internet osvaldolicini.it.
(10) Per alcune mie considerazioni su quest’opera rimando allo scritto intitolato “Il ‘primo amore’ degli angeli” pubblicato il 29 settembre 2021 tra le notizie del sito internet osvaldolicini.it.
(11) “Borné dans sa nature, infini dans ses vœux, / L’homme est un dieu tombé qui se souvient des cieux“: così scrisse Alphonse de Lamartine, L’homme. A Lord Byron, Méditation seconde in Méditation poétiques.
(12) Franco Ciliberti in Valori Primordiali, volume primo, febbraio 1938, Edizioni Augustea, Roma Milano, pag. 25.
(13) Giuseppe Marchiori raccontò: “Un giorno, non ricordo più se fu nel 1952 o nel 1954, rientrando nel mio studio a Venezia, trovai sul tavolo questo messaggio scritto a matita: Si ricordi Marchiori / che i vizi, questi demoni, / torneranno ad essere ciò che furono: / degli angioli!. La calligrafia un pò grossa, piegata a destra, mi era famigliare da tanti anni, la calligrafia di Licini, non più sicura come un tempo, con qualche strano tremore”. Così Giuseppe Marchiori in Osvaldo Licini Con 21 lettere inedite del pittore, 1960, De Luca Editore, Roma, pag. 7.