11 Ottobre 2024

Osvaldo Licini. I colori di un’opera ritrovata

 

L’editore Giovanni Scheiwiller, tra la fine degli anni Venti e i primi anni Trenta del Novecento, fu tra coloro che si occuparono di un’iniziativa per lo scambio di opere tra artisti russi e italiani: le opere realizzate da questi ultimi, una volta scambiate, sarebbero andate a far parte della sala italiana del Museo della Nuova Arte Occidentale di Mosca che era nato poco tempo prima (1).

Osvaldo Licini, invitato  dall’editore a fornire una propria opera per lo scambio, accettò la proposta con entusiasmo. Nella lettera a Scheiwiller del primo dicembre 1932 disse:

«ritornando ieri a casa da una breve assenza, ho trovato la sua lettera concernente lo scambio di un quadro colla Galleria d’Arte Moderna di Mosca. Io potrei mandare subito uno dei tanti quadri dipinti dal vero prima del 1930. Però, Lei certamente non saprà che da due anni faccio della pittura completamente astratta, e che non ho mai esposta. Questi ultimi quadri si trovano quasi tutti a Parigi, non avendo conservato presso di me che una dozzina di quadri piccolissimi (circa 30×20), di un surrealismo a modo mio. Sul cavalletto, tengo adesso cominciate due tele, pure astratte, ed è precisamente una di queste due che io vorrei mandare a Mosca. Saranno pronte ed asciutte per la fine di Dicembre. Ai primi di Gennaio potrei consegnargliene certamente una».

Pochi giorni dopo, il 17 dicembre, Licini comunicò allo stesso destinatario:

«Oggi ho ricevuto il quadro russo ed io La ringrazio tanto. Ai primi di Gennaio Le spedirò il mio» (2).

Infine, nella lettera a Scheiwiller del 5 gennaio 1933, l’artista scrisse:

«ieri Le ho spedito il quadro franco domicilio a grande velocità. Ho fermato il coperchio con viti, così potrà aprire la cassa facilmente. In un angolo del dipinto ho incollato un numero. Come si legge il numero va visto ed appeso il quadro. Misura 90×63. Il titolo è Un uccello che risulta dal calcolato incontro di tre triangoli (bianco rosso nero) su una stessa direttrice. La profondità è data da due piani grigi del fondo. Nell’insieme, un ritmo semplice di geometria piana. Vedrà. È un pò l’uovo di Colombo. Plasticamente mi sembra stia bene in piedi, e per quanto poco apparente, ne emana un certo incanto… La cassa in cui si trova collocato potrebbe essere la sua cornice. Ho eseguito quattro varianti su questo tema nel mese di dicembre. Le ho inviato la più sobria. Il quadro quando è partito non era ancora asciutto. Sono convinto che la pittura astratta che è sul nascere darà uno stile a questo secolo. Tutto il resto non è che rimasticatura dell’800. Nel quadro che Le ho mandato troverà ancora qualche residuo “metafisico” questa scoria romantica, di cui spero liberarmi presto completamente».

L’opera andò così a far parte della collezione esposta nella sala italiana del Museo di Arte Occidentale di Mosca.

Il Museo ebbe però una vita breve e fu chiuso nel 1948 (3); le opere di quella sala furono disperse in diverse sedi. Alcune, ad esempio, furono inviate al Museo Ermitage dell’allora Leningrado (4).

Per lungo tempo non si è saputo dove fosse finito il dipinto di Licini (5).

Qualche tempo fa sono venuto a conoscenza di un interessante studio, apparso alcuni anni prima su una rivista, dedicato proprio alla sala italiana del Museo di Arte Occidentale di Mosca (6).

Nello scritto si diceva che il quadro di Licini era stato rinvenuto presso il Museo di Belle Arti Shalva Amiranashvili di Tbilisi, in Georgia (7); veniva anche pubblicata una piccola fotografia in bianco e nero dell’opera (8).

Trovo curioso che una scoperta così importante non abbia suscitato la risonanza che avrebbe invece meritato.

 

 

Osvaldo Licini, Un uccello, 1932, Museo di Belle Arti Shalva Amiranashvili, Tbilisi

 

Una volta saputo del ritrovamento del dipinto in Georgia, mi sono attivato per trovarne una fotografia a colori. Dopo varie ricerche sono finalmente riuscito ad averla e questo, per me, è stato molto emozionante.

Osservandola, ho notato, tra l’altro, un numero incollato nell’angolo in basso a sinistra della tela (9).

Mi sono allora ricordato che Licini, nella lettera a Scheiwiller del 5 gennaio 1933, aveva scritto: «Come si legge il numero va visto ed appeso il quadro».

Lorenzo Licini

 

* Questo studio è stato pubblicato l’11 ottobre 2024 sul sito osvaldolicini.it in occasione del sessantaseiesimo anniversario della scomparsa di Osvaldo Licini.

(1) Per una interessante ricostruzione delle  vicende relative alla realizzazione di questa sala dedicata all’arte italiana si veda Vanni Scheiwiller, Omaggio a Boris Nicolaevič Ternovec (1884-1941) ovvero L’arte italiana contemporanea a Mosca negli anni 20 e 30 in Arcana Scheiwiller gli archivi di un editore, a cura di Linda Ferri e Gianfranco Tortorelli, scritti di Sergio Romano, Vladimir Karpov, Vanni Scheiwiller e Giuseppe Guglielmi, traduzione in russo di Gajané Kirinovičová-Ballardini, Libri Scheiwiller, Milano, 1987, pagg. 14-20. Sullo stesso argomento si veda anche Viviana Pozzoli,  La sala italiana al Museo della Nuova Arte Occidentale di Mosca, in L’uomo nero. Materiali per una storia delle arti della modernità, Nuova serie, anno X, n. 10, dicembre 2013, a cura di Silvia Bignami, pagg. 73-89 (preciso che l’esemplare di questa rivista da me consultato risulta finito di stampare nel mese di aprile 2016).

(2) Il testo integrale di questa lettera si può trovare anche in Licini opere dal 1913 al 1957, a cura di Mariano Apa con introduzione di Vanni Scheiwiller, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1985, pag. 11 (si tratta del catalogo di una delle mostre più belle dedicate a Osvaldo Licini, quella che si tenne nelle Sale del Castellare del Palazzo Ducale di Urbino nel corso del 1985).

(3) Rimando, sul punto, a Viviana Pozzoli, La sala italiana al Museo della Nuova Arte Occidentale di Mosca, Op. cit., pag. 76.

(4) Si veda, a proposito di questa dispersione, Viviana Pozzoli, La sala italiana al Museo della Nuova Arte Occidentale di Mosca, Op. cit. pag. 76.

(5) «Le ricerche compiute non hanno consentito finora di rintracciare il quadro in musei russi”: così scrisse Zeno Birolli in Storia e temporalità circolare, in Osvaldo Licini, Errante erotico eretico Gli scritti letterari e tutte le lettere raccolti da Zeno Birolli, a cura di Gino Baratta, Francesco Bartoli, Zeno Birolli, Feltrinelli Editore, Milano, 1974, nota 6, pag. 30.

(6) Si tratta dello studio di Viviana Pozzoli, La sala italiana al Museo della Nuova Arte Occidentale di Mosca, Op. cit., pagg. 73-89. Il dipinto di Licini è giunto in Georgia quando questo Paese faceva parte dell’Unione Sovietica.

(7) Si veda, a tale riguardo, Viviana Pozzoli, La sala italiana al Museo della Nuova Arte Occidentale di Mosca, Op. cit., pag. 89, nota 71. Il Museo di Belle Arti Shalva Amiranashvili di Tbilisi è parte del Museo Nazionale Georgiano.

(8) Questa fotografia in bianco e nero dell’opera di Licini è riprodotta in Viviana Pozzoli, La sala italiana al Museo della Nuova Arte Occidentale di Mosca, Op. cit., fig. 16, pag. 81.

(9) Si tratta, in particolare, del numero 13.